Il tempo giusto dei pasti è
codificato dai neuroni AgRP
DIANE
RICHMOND
NOTE E NOTIZIE - Anno XX – 25 novembre
2023.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui
argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
L’assunzione di cibo da parte degli animali in
ambiente naturale segue uno schema routinario regolare, se non proprio fisso,
circa i momenti della giornata, secondo una temporizzazione che appare come una
memoria della specie. Non si tratta però di una funzione che obbedisce a un
semplice ritmo circadiano, perché il suo controllo è innanzitutto integrato con
le informazioni necessarie al mantenimento dell’omeostasi energetica dell’organismo,
e poi è flessibilmente adattato alle condizioni interne, come ad esempio uno
stato di sazietà in un’ora del giorno in cui i ritmi neuroendocrini
generalmente determinano fame, o alle circostanze esterne, come la necessità di
rispondere con attacco o fuga a una minaccia per l’organismo all’ora del pasto.
Inoltre, l’animale può apprendere un ritmo alimentare diverso da quello di base
tipico della specie per effetto del ripetersi di circostanze ambientali
condizionanti.
L’importanza per la fisiologia dell’organismo di
seguire la regolarità biologica dell’assunzione del cibo è evidente anche nella
nostra specie, caratterizzata da quel vasto spettro di variazioni legate alla
latitudine, alla nazione, alla cultura e ai comportamenti sociali squisitamente
umani. La ragione principale di questa importanza consiste nel fatto che l’assunzione
del cibo sincronizza i ritmi metabolici.
Per cercare di comprendere in che modo l’organismo
definisce la temporizzazione quotidiana dell’assunzione di cibo, non possiamo
non interrogare la fisiologia di una popolazione di neuroni da decenni nota per
la sua capacità di leggere e interpretare lo stato energetico fisiologico del
momento, innescando il comportamento di assunzione del cibo, ossia le cellule
nervose esprimenti la proteina AgRP (agouti-related protein).
Nonostante una grande messe di dati sperimentali raccolti negli anni su queste
cellule, la loro regolazione in termini di scala temporale quotidiana non è stata
ancora definita.
Nilufer Sayar-Atasoy e colleghi,
prendendo le mosse dall’obiettivo di stabilire con certezza il ruolo dei
neuroni AgRP nello schema temporale quotidiano di
assunzione degli alimenti, hanno affrontato una realtà complessa e affascinante
e vi hanno fatto luce in modo esemplare.
(Sayar-Atasoy
N., et al., AgRP neurons encode circadian
feeding time. Nature
Neuroscience – Epub ahead
of print doi: 10.1038/s41593-023-01482-6,
2023).
La provenienza degli autori è la seguente: Department of Neuroscience and Pharmacology,
University of Iowa, Iowa City, IA (USA); Department of Physiology, School of
Medicine, Yeditepe University, Istanbul (Turchia); Department of Physiology, School of Medicine, Regenerative
and Restorative Medical Research Center (REMER), Istanbul Medipol
University, Istanbul (Turchia); Fraternal Order of
Eagles Diabetes Research Center (FOEDRC), Roy J. and Lucille A. Carver College
of Medicine, University of Iowa, Iowa City, IA (USA).
Per introdurre il lettore non specialista alla
neurofisiologia del controllo alimentare, riprendo alcuni brani da un articolo
di Giovanni Rossi dello scorso anno[1] e da
altre recensioni precedenti.
La regolazione del comportamento
alimentare in rapporto ai bisogni energetici dell’organismo, che la
neurofisiologia classica focalizzava sull’antagonismo di due aree ipotalamiche
e sull’omeostasi del glucosio, si è rivelata una funzione complessa e articolata,
garantita dall’integrazione e dall’equilibrio di numerosi processi fisiologici.
Dopo l’epoca classica, in cui si studiavano gli effetti anoressigeni di lesioni
dei nuclei laterale e perifornicale dell’ipotalamo e oressigeni delle lesioni del
nucleo ventromediale, con esito, rispettivamente, in cachessia e obesità, è
emersa una realtà costituita da reti neuroniche in rapporto con sistemi di
regolazione periferici.
Gli eleganti esperimenti realizzati mediante
parabiosi, chiarirono i ruoli di due geni nel topo: ob
(obesità) e db (diabete), aprendo la via a una
prima importante distinzione necessaria per comprendere l’architettura
fisiologica della regolazione energetica dell’organismo: l’esistenza di due
ordini di processi: 1) equilibrio energetico a lungo termine e 2) bilancio
energetico attuale.
Leptina e insulina contribuiscono all’equilibrio
energetico a lungo termine, mentre grelina e colecistochinina, rilasciate
da stomaco e intestino, segnalano lo stato vuoto dello stomaco e pieno dell’intestino,
contribuendo all’equilibrio energetico a breve termine. I segnali a
lungo e a breve termine interagiscono per controllare il comportamento alimentare
dell’animale.
Ancora, nel citato articolo di Giovanni Rossi, si
ricorda l’importanza “di veri e propri sistemi legati alla mediazione
molecolare da parte di peptidi quali NPY (o Y), AgRP e α-MSH
di processi noti nel profilo fisiologico generale” ma che richiedono ancora di
essere indagati. Qui di seguito si riporta una sintesi di nozioni fondamentali
già proposte in precedenza, cominciando dai già citati esperimenti di parabiosi:
“…
gli esperimenti di parabiosi hanno consentito di stabilire che il controllo del
cervello sullo stato del tessuto adiposo avviene grazie ad un segnale umorale,
poi identificato in una specifica molecola. In pratica, venivano uniti i sistemi
circolatori di coppie di topi, l’uno portatore nel gene chiamato obesity (ob) di una
mutazione omozigotica recessiva che causa obesità patologica ed ipotermia,
l’altro normale. Il collegamento chirurgico parabiotico normalizzava il peso
corporeo e la temperatura del topo mutante. Si comprese che il topo mutante
mancava di un segnale proveniente dai depositi di grasso che produce un controllo
a feedback sulla quantità di cibo da
assumere ed un controllo a feed-forward sul dispendio energetico.
Anche
i topi con una mutazione omozigotica del gene del diabete (db) sono obesi. In questo caso,
l’esperimento parabiotico di collegamento con un topo sano, non solo non riusciva
a correggere i difetti patologici del membro ammalato della coppia parabiotica,
ma causava emaciazione e morte del povero topolino sano. A differenza del topo ob/ob, il
roditore db/db produce il
segnale circolante, ma manca di un recettore funzionale. Si comprese che tale
segnale è elevato nel topo obeso db/db,
al punto da causare una riduzione di assunzione di cibo ed un aumento del
dispendio energetico tale da risultare fatale al povero compagno parabiotico[2].
Circa
25 anni dopo i primi studi di parabiosi, il segnale circolante, il recettore
mutato e i loro geni furono identificati. Jeffrey Friedman e colleghi isolarono
un ormone peptidico cui fu dato il nome di leptina
(dal greco leptos che vuol dire snello, sottile) per il suo ruolo nell’accrescere il consumo di energia e
ridurre l’assunzione di alimenti. La molecola, prodotta prevalentemente dagli
adipociti in quantità direttamente proporzionali al grasso immagazzinato,
agisce attraverso il legame a recettori della superfamiglia delle citochine
alla periferia e nel cervello, dove giunge grazie al trasporto attraverso la
barriera emato-encefalica. In condizioni fisiologiche, nelle persone con un
peso nella norma, la leptina contribuisce alla riduzione dell’assunzione di
cibo e all’aumento del consumo energetico, della lipolisi e della termogenesi.
Nella maggior parte delle persone obese si rilevano alti tassi di leptina, come
se il loro organismo fosse diventato insensibile o resistente all’azione del
suo segnale. Esiste una rara condizione clinica dovuta ad una mutazione del
gene ob che
causa una vera e propria mancanza di leptina: tali persone, affette da obesità
patologica con ipotermia, possono essere curate efficacemente con la
somministrazione di leptina che progressivamente riduce il peso corporeo e
normalizza la temperatura.
L’insulina,
prodotta dalle cellule β delle isole di Langerhans del pancreas, presenta
una correlazione positiva con la massa grassa e, come la leptina, riduce
l’assunzione di alimenti e accresce la termogenesi. È stato osservato, provato
sperimentalmente e confermato che, durante il digiuno, i livelli di leptina e
insulina si riducono prima che si abbia la riduzione del grasso dei depositi,
in tal modo le scorte adipose sono rapidamente reintegrate quando si riprende a
mangiare.
La
leptina e l’insulina circolanti si legano nel cervello ai recettori delle due
popolazioni neuroniche prima menzionate che, come già ricordato, hanno sede nella
formazione grigia dell’ipotalamo mediale che prende il nome di nucleo arcuato. Le due popolazioni
rispondono in maniera opposta ai due ormoni peptidici ed hanno influenze
opposte sull’equilibrio energetico.
L’antagonismo
fra segnali anabolici e catabolici provenienti dal nucleo arcuato
dell’ipotalamo è illustrato dall’azione del peptide AgRP
che è fisiologicamente un antagonista endogeno dei recettori della melanocortina MC3 e MC4. L’agonista naturale di questi recettori
è l’α-MSH secreto dagli specifici neuroni del nucleo arcuato quando
l’organismo è in stato catabolico. L’AgRP blocca
l’effetto dell’ormone di ridurre l’assunzione di alimenti, aumentare il
dispendio energetico e ridurre l’immagazzinamento di grasso. L’iniezione del
neuropeptide Y nell’ipotalamo innesca l’attività alimentare, promuove la lipogenesi e riduce il comportamento che consuma energia.
Così, il rilascio di entrambi gli ormoni peptidici produce un feedback anabolico, effetti di feed-forward che
favoriscono l’aumento di peso, mentre sopprimono la segnalazione nella via
catabolica antagonistica. Proiezioni di neuroni del nucleo arcuato alle regioni
paraventricolari e laterali dell’ipotalamo trasmettono la segnalazione
veicolata da leptina e insulina circolanti[3]”[4].
Sulla base di queste nozioni sarà possibile
apprezzare il valore e la portata dello studio qui recensito.
Nilufer Sayar-Atasoy e colleghi
hanno impiegato, nel topo, una combinazione di studi di misura della dinamica
dei neuroni con esperimenti di attivazione optogenetica temporizzata. In tal
modo hanno rilevato e dimostrato che l’attività quotidiana dei neuroni AgRP non era del tutto coerente con i modelli esistenti di
regolazione omeostatica. Invece di operare come un deprivation
counter, l’attività dei neuroni AgRP
primariamente seguiva il ciclo circadiano riposo-attività attraverso un
processo che richiedeva un nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo (l’orologio
biologico principale dell’organismo) integro e una sincronizzazione operata
dalla luce.
I ricercatori hanno sperimentato l’imposizione di nuovi
pattern di assunzione di cibo attraverso un accesso agli alimenti
temporalmente ristretto, oppure mediante stimolazione periodica dei neuroni AgRP. Tali misure sono risultate sufficienti a risincronizzare
il ritmo dell’attività giornaliera di questi neuroni e a portare a un
comportamento simil-anticipatorio attraverso un processo che richiedeva neuroni
DMHPDYN.
Questi risultati indicano che i neuroni AgRP integrano informazioni sull’ora del giorno in cui sono
avvenuti i pasti nelle precedenti esperienze di alimentazione con le esigenze
metaboliche attuali, per definire il ritmo circadiano dell’alimentazione.
L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e
invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del
sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Diane Richmond
BM&L-25 novembre 2023
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La Società Nazionale
di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience,
è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data
16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica
e culturale non-profit.
[1] Note e Notizie
05-11-22 Nuovi
neuroni a neurotensina per il controllo alimentare.
[2] Per inciso, gli autori della
nota prendono le distanze dall’etica di questi esperimenti che si sono rivelati
crudeli per gli animali di laboratorio. Più in generale, la maggioranza dei
membri della nostra società scientifica auspica l’estensione degli studi su
sistemi cellulari e molecolari in vitro,
restringendo la sperimentazione in vivo
ai casi di assoluta insostituibilità, in condizioni che non risultino crudelmente
dannose o letali per l’animale.
[3] Cfr. Shizgal P. B. & Hyman S. E. Homeostasis, Motivation and Addictive States,
pp. 1095-1115, in Principles of Neural
Sciences (Kandel, Schwartz, Jessel,
Siegelbaum, Hudspeth) fifth edition, McGraw-Hill, 2013.
[4] Note e Notizie 26-11-16 Scoperto
un circuito rapido della sazietà regolato da αMSH. Vedi anche Note
e Notizie 07-05-22 Anoressia per uno shift nella interazione tra neuroni a
serotonina e a dopamina.